UNA NUOVA FASE DI LOTTA POLITICA

di Riccardo Terzi

Gli avvenimenti del 1972 hanno smentito clamorosamente coloro che ritenevano ormai assicurato al nostro paese un avvenire di progresso e che solo fosse questione di ritmi più o meno veloci, di tempi più o meno ravvicinati.

Questa illusione è stata largamente diffusa ed era il risultato di una analisi superficiale della moderna società capitalistica e dei rapporti di classe che in essa si sviluppano. Si riteneva cioè che le classi dominanti non avrebbero potuto sottrarsi alla necessità di una politica riformatrice e che sempre più lo Stato democratico sarebbe divenuto la espressione dell’interesse generale.

Il centro-sinistra si è nutrito di queste illusioni. Pareva avviarsi un processo lento ma immutabile di progresso sociale e civile, e in questo quadro si rendeva possibile la partecipazione al governo di un partito operaio, per accelerare i tempi di questo processo. Queste illusioni sono sopravvissute anche quando si palesava ormai chiaramente il fallimento di questo disegno, il carattere «mistificatorio» della filosofia del centro-sinistra. Si operava così un curioso ribaltamento della formula di Gramsci: il pessimismo della volontà, e cioè lo spirito di inerzie e di passività, trovava la sua compensazione nell’ottimismo dell’intelligenza, nella fiducia cieca nelle sorti progressive dell’umanità.

Ora, tutto ciò che non è razionale non può aver parte stabilmente nella realtà, e così, è avvenuto che le illusioni fossero soppiantate dalla logica precisa e severa dei conflitti di classe da cui è dilaniata necessariamente la società capitalistica. Le lotte del ‘69-70 hanno fatto crollare l’immagine di una società avviata inesauribilmente verso il progresso sociale, hanno dimostrato nel modo più evidente che le sorti della società dipendono dall’esito dello scontro tra le classi e che nessuna conquista è possibile senza pagare il necessario tributo di lotta e di sacrificio.

La reazione delle forze dominanti fu violenta e aggressiva, e non esitò a ricorrere alle armi della provocazione e ai tentativi di eversione. I fatti del dicembre del ‘69 sono davvero significativi, segnano una svolta nella storia politica del paese. Da allora incombe nella vita politica nazionale la minaccia del neofascismo, che si è fatta via via più corposa e che non può essere spiegata se non come riflesso dell’acutezza dei conflitti di classe. Per andare avanti bisogna fare i conti realisticamente con queste realtà, e la via peggiore è certo quella di attardarsi in una visione illusoria e ottimistica che faccia dimenticare i pericoli insiti nella situazione.

La “strategia della tensione” non è stata una manifestazione superficiale, ma ha coinvolto una parte decisiva della società e dello Stato, è stata l’espressione di una tenace volontà di conservazione da parte delle classi dominanti e di settori non irrilevanti dell’apparato dello Stato. Tutto ciò ha messo a dura prova la vita democratica del paese, ha impegnato le forze popolari in una dura battaglia di difesa della democrazia, ha lacerato ormai definitivamente l’equilibrio precario del centro-sinistra, ha imposto a tutti una riconsiderazione della situazione politica e delle prospettive.

Siamo entrati dunque in una nuova fase della lotta politica, è emersa anzitutto la lezione da trarre dagli insegnamenti degli ultimi anni. Non comprendere questo dato di fondo e continuare ad usare i vecchi concetti, le vecchie formule, significherebbe tagliarsi fuori dal corso reale degli avvenimenti. Con il 1972 questo processo profondo ha trovato un suo primo sbocco politico con la liquidazione del centrosinistra e la formazione del governo Andreotti.

Non è certo il risultato elettorale la chiave per comprendere questo fatto: il processo era già in atto, era già iniziato con le elezioni presidenziali, ed è andato avanti nonostante l’esito delle elezioni, da cui si sarebbero dovute ricavare piuttosto delle conclusioni di segno contrario. Non si tratta dunque di una normale dialettica democratica; all’opposto, si tratta di una tendenza politica che si vuole affermare soffocando la vita democratica, coartando la volontà della maggioranza.

Il fenomeno è di una gravità eccezionale, e deve essere compreso in tutta la sua portata. Già alle elezioni presidenziali esisteva chiaramente una maggioranza democratica e antifascista, che non ha potuto tradursi in atto solo per i contrasti interni alla DC e per le preclusioni imposte dall’ala di destra di questo partito. Il governo attuale si regge sulla medesima logica. Esso non ha una maggioranza né in Parlamento né nel paese, e tuttavia governa con tracotanza e faziosità facendo affidamento da un lato sugli appoggi interni ed internazionali dei circoli conservatori e dall’altro sulle incertezze e timidezze di quelle forze di sinistra che continuano a nutrirsi dell’ottimismo dell’intelligenza, che non si arrendono alla evidenza dei fatti. E intanto la democrazia subisce un colpo pesante, i poteri del Parlamento vengono conculcati, alla libera dialettica democratica si sostituisce la prevaricazione più sfacciata.

Tutto ciò viene giustificato nel nome dell’efficienza, della concretezza operativa, e questa nuova filosofia politica non manca di avere una sua efficacia, dopo anni di vuoto e inconcludenti discussioni, e trova un appoggio in quei ceti che vogliono soltanto una buona “amministrazione” che non ponga in questione le basi dell’attuale società. Il rischio non è di poco conto.

Tutta una serie di valori, di aspirazioni, comuni ad un arco assai esteso di forze democratiche, tutto il processo unitario faticosamente avviatosi in questi anni, rischiano di subire una battuta d’arresto, il tema delle “riforme”, se non si modifica la situazione politica viene accantonato e gli stessi modesti risultati finora conseguiti vengono in parte annullati. Questa situazione richiede il coraggio di scelte nuove, rende necessaria un’iniziativa politica democratica che sappia interpretare la volontà reale della maggioranza del paese, che ci faccia uscire da questo stato di “impasse” e di snervante quanto inutile attesa. Non è possibile ignorare la profondità della svolta che si è attuata, non è realistico, comunque, proporre semplicemente un “ritorno” allo stato di cose precedente.

D’altra parte e evidente che nella polemica attuale contro il PSI e contro la formula di centro-sinistra è implicita una questione più generale, quella dei rapporti con la realtà complessiva del movimento operaio. È questo problema che va esplicitamente affrontato e chiarito: una prospettiva nuova potrà costruirsi se si dà vita ad una maggioranza di forze che intendano stabilire con il movimento dei lavoratori, così come esso si è storicamente costruito, un rapporto reale e fecondo. Queste forze esistono: hanno bisogno di avviare fra di loro in modo sistematico un confronto di posizioni e di assumere coraggiosamente l’iniziativa di un nuovo corso politico. Non possiamo rischiare di lasciare un vuoto, che sarebbe respinto fatalmente dalla demagogia reazionaria e dall’estremismo infantile: non possiamo cioè lasciar morire la possibilità di crescita democratica del paese. È il momento quindi dell’unità delle forze democratiche, delle loro iniziative, della lotta aperta contro i pericoli gravi di involuzione reazionaria. Le scadenze dei contratti di lavoro, la necessità di riavviare il discorso della politica delle riforme, la drammatica situazione internazionale, l’urgenza di una decisa azione antifascista, sono questi i temi più rilevanti attorno a cui deve cimentarsi l’azione comune delle forze di sinistra.

Una lotta unitaria, su questi temi, può trovare nel Paese una rispondenza e un consenso di grandi dimensioni; può trovare nelle classi lavoratrici la forza necessaria per conseguire dei risultati reali e immediati; può bloccare l’involuzione a destra e può, finalmente, porre all’ordine del giorno l’obiettivo di un reale progresso democratico.


Numero progressivo: G44
Busta: 7
Estremi cronologici: 1973, gennaio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Nuova comunità”, gennaio-febbriaio 1973, pp. 5-6