PER UN RUOLO ORIGINALE DI MILANO

Ricordo di Elio Quercioli

di Riccardo Terzi

Con Elio Quercioli ho avuto un forte rapporto di amicizia e di solidarietà politica, che si è cementato negli anni attraverso i passaggi decisivi e i momenti di crisi della sinistra milanese. Nel 1975, dopo uno straordinario risultato elettorale per il PCI e per la sinistra, si apre per la prima volta la possibile prospettiva di una giunta di sinistra a Milano, ma si tratta di una scelta assai travagliata e contrastata. I vertici nazionali del PCI non incoraggiano questa scelta, ma al contrario esprimono una forte contrarietà. Siamo nell’epoca del “compromesso storico”, e si ritiene più utile tenere aperta una linea di dialogo con la DC, senza forzature, senza compiere passi che possono rivelarsi avventati. In sostanza, si teme che una giunta di sinistra a Milano, in una città tradizionalmente moderata, possa essere un’avventura, un pericoloso atto di lacerazione del tessuto democratico della città. Vi è inoltre la diffidenza per un’operazione politica che è fortemente segnata dal ruolo del PSI e in particolare del gruppo craxiano.

L’apporto di Quercioli a questa scelta, così impegnativa e contrastata, fu davvero determinante. Forse avevamo allora una diversa valutazione delle prospettive politiche, perché io consideravo l’esperienza milanese come una possibile anticipazione di una diversa strategia nazionale, come un passo verso una politica di alternativa, e non credo francamente che fosse questa l’interpretazione di Elio Quercioli. C’era piuttosto la comune convinzione di affermare le ragioni autonome di Milano, la cui vicenda politica non può essere manovrata dall’esterno, piegata alle necessità nazionali. La giunta di sinistra era in primo luogo un atto di autonomia, una scelta che esprimeva in modo profondo l’aspirazione di Milano a non restare invischiata nei giochi della politica nazionale.

E la nuova esperienza di governo si rivela feconda e produttiva di risultati fino a quando si riesce a salvaguardare questa condizione di autonomia. Ad un certo punto, l’acutizzazione dello scontro politico tra PCI e PSI, tra Berlinguer e Craxi, mette duramente alla prova l’esperienza milanese, e viene meno la volontà e la forza politica, nei due maggiori partiti della sinistra, per affermare le ragioni autonome di una stretta collaborazione politica che a Milano si era venuta consolidando in un comune impegno riformista, superando le vecchie barriere ideologiche. Ma l’autonomia di Milano, questa fondamentale lezione politica, allora tentata e poi naufragata, resta la base da cui ripartire. Milano vive politicamente se è in grado di inventare le sue forme, se i partiti milanesi non sono agenzie e succursali che obbediscono ad una logica esterna. Milano ha un rapporto difficile con la politica, un rapporto di diffidenza che è sempre esposto al possibile approdo dell’anti-politica. Se la politica non getta qui, nella realtà concreta della società milanese, le sue radici, il suo fondamento, se non c’è una classe dirigente riconosciuta come espressione autonoma della realtà milanese, finiranno per prevalere, come è accaduto in questi anni, gli umori di uno spirito anti-statale, anti-politico, con tutti i rischi che ne derivano per la coesione nazionale del paese. È un tema attualissimo, in vista delle prossime elezioni amministrative. E fortunatamente il candidato scelto dal centro-sinistra è il risultato di un processo politico tutto milanese.

I partiti nazionali hanno cercato in mille modi di interferire, di inventare candidature, di imporre a Milano la logica di una lottizzazione nazionale, ma alla fine queste manovre sono state battute. La sinistra milanese può oggi ripartire, sapendo di poter contare su una forza modesta, consapevole delle proprie difficoltà, ma può ripartire, questo è l’essenziale, con un suo autonomo progetto politico, che non è stato confezionato in altre sedi. Il secondo aspetto che voglio ricordare della figura di Quercioli è il suo ruolo, del tutto originale, nella vicenda del partito, dal PCI ai DS. Quercioli ha sempre avuto una posizione libera, autonoma, fuori dagli schemi e dalle correnti organizzate. Non c’era mai una posizione scontata, predeterminata, come spesso avviene per chi recita sempre la stessa parte ed è inchiodato ad un ruolo, ad una collocazione cristallizzata, ma c’era sempre una grande libertà di giudizio ed una totale autonomia personale. Ed è questa sua autonomia di pensiero che l’ha guidato in tutti i passaggi cruciali, dalla “svolta” occhettiana fino agli ultimi sviluppi del dibattito nei DS. La sua posizione è stata, in questi anni, fortemente critica, non per una rigidità ideologica che gli era del tutto estranea, ma per due ragioni fondamentali, che io considero tuttora di grandissima attualità. La prima ragione è la consapevolezza di una tradizione storica, di una grande eredità politica, che è stata, in un modo del tutto disinvolto e superficiale, rimossa e negata, provocando così una rottura traumatica nell’identità storica della sinistra italiana. Quercioli è rimasto fedele fino all’ultimo alla grande lezione all’idea cioè di un grande partito di massa, flessibile e pragmatico nella sua azione concreta, ma ancorato ad un forte sistema di valori.

Egli pensava da riformista, da uomo attento alla concretezza dei risultati che si possono realisticamente conseguire ma sapendo che non ha futuro un riformismo senza popolo, senza identità collettiva, senza ancoraggio in una tradizione e in una visione storica di lungo periodo. Per questi motivi, vedeva lucidamente il pericolo di una perdita di identità e di una involuzione del partito sotto il profilo della cultura politica e della sua capacità di comunicazione con le grandi correnti storiche e popolari del nostro paese. Vedeva, cioè, il rischio di uno sradicamento, di un partito che non sa più essere il luogo della rappresentanza politica di un grande blocco di forze sociali. La seconda ragione della sua posizione critica è nella sua decisa ostilità verso ogni forma di autoritarismo, di appiattimento burocratico, di limitazione del pluralismo interno e della libertà di pensiero. È una battaglia contro la personalizzazione, contro la sacralizzazione del capo, contro l’obbedienza passiva, contro i gruppi di potere organizzati, che comincia già con Berlinguer e continua coerentemente in tutti gli anni successivi. In questo senso, il suo approdo all’ultimo congresso nella nuova sinistra DS è una conclusione logica, non certo per accettare infine una disciplina di corrente, ma per tenere aperta una battaglia politica nel partito intorno ai due nodi essenziali dell’identità e delle democrazia interna. Infine, credo che Quercioli abbia saputo interpretare, più di qualsiasi altro dirigente della sinistra milanese, lo spirito di questa città, i suoi tratti peculiari, con una grande attenzione sia agli aspetti della coscienza popolare, sia a quelli della elaborazione culturale. La storia di Milano è la storia di un rapporto difficile e conflittuale con la politica.

La politica a Milano può avere un ruolo se non si costituisce come struttura di comando, come dominio esclusivo, ma come luogo di dialogo con la società. Ogni volta che si tenta di costruire una struttura di potere, un’oligarchia, una cupola politica che vuole tenere tutto sotto controllo, la società milanese reagisce e si difende, riaffermando le sue caratteristiche di fondo come società aperta, policentrica, plurale. Così è stato in tutti i passaggi della nostra storia. E così può essere oggi, di fronte al nuovo tentativo di instaurazione di un regime politico, di un ristretto gruppo di comando. Milano è refrattaria a concedere a qualsiasi gruppo politico un potere esclusivo. In questo senso, la sinistra oggi può avere una prospettiva se riesce ad interpretare questo spirito di Milano, la sua autonomia, il suo pluralismo, la sua struttura di fondo come società aperta, come luogo di relazioni multiple e non di poteri esclusivi. La figura di Quercioli si colloca, a mio giudizio, in questa storia, in questa configurazione politica di Milano, ed è per questo una figura attuale e moderna. Ricordarlo significa ragionare su questioni che sono oggi di cruciale attualità, e significa riflettere sulle nuove possibili prospettive di una sinistra moderna che agisce qui, a Milano, nel cuore del processo di modernizzazione della società italiana. Significa domandarci in che cosa può consistere oggi la nostra funzione di governo.



Numero progressivo: L44
Busta: 9
Estremi cronologici: 2001, febbraio-marzo
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Fotocopia di pagina rivista
Tipo: Scritti
Serie: Cultura -
Pubblicazione: “Argomenti umani”, febbraio-marzo 2001