[LOCALISMI – IMMIGRAZIONE]

Camera del Lavoro di Brescia

Relazione di Riccardo Terzi

Mi sembra che ci sia stato un apprezzamento generale per l’iniziativa presa dalla Camera del Lavoro di Brescia e anche per l’impostazione politica della relazione del compagno Pedò, che anch’io condivido. Di fronte al riemergere di fenomeni di localismo e di razzismo, dobbiamo vedere per tempo di che cosa si tratta, quali risposte siamo in grado di produrre. Ed è necessario gettare un allarme, perché non si tratta di fenomeni che possiamo considerare marginali o politicamente irrilevanti per le prospettive del nostro paese. Nella relazione di Pedò c’è un’analisi precisa e convincente delle ragioni di fondo, e anche degli elementi di psicologia collettiva, che determinano il fenomeno della Lega Lombarda: l’egoismo da società ricca, il bisogno di sicurezza. In momenti di grandi crisi, di grandi trasformazioni, si determina una reazione di paura e di difesa di fronte ai cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo. Così, nei primi anni del secolo, si sono create le basi di massa del movimento fascista. Non voglio con questo fare paragoni avventati, né sopravvalutare un fenomeno che per il momento è ancora agli inizi e che può essere quindi ancora efficacemente contrastato. Tuttavia, l’esistenza di una tale tendenza è un rischio reale, ed essa riguarda strati consistenti della nostra società. Non riguarda soltanto il classico bottegaio, ma anche strati popolari e di classe operaia. Ci sono elementi diffusi di sfiducia operaia, e ci sono anche i limiti dell’azione nostra, i limiti dell’azione del sindacato e il distacco tra la nostra azione rivendicativa e la coscienza di strati di lavoratori. Si tratta quindi di un fenomeno che ha radici complesse, a questo si aggiunga il fatto che in questa regressione, perché si tratta di una vera e propria regressione politica e culturale, sta il segno di una crisi della politica, di una crisi della vita democratica e dei valori di solidarietà.

Le forme della politica appaiono soltanto come forme della tecnica: tecnica di governo, di mediazione degli interessi, senza finalità collettive. In questa crisi generale della politica le regressioni corporative, individualistiche e localistiche, stanno prendendo un certo spazio. Dobbiamo cercare di capire questo fenomeno, per poterlo combattere. Ed è necessario avere ben chiaro un discrimine politico. Condivido la posizione assunta qui da Bonalumi: sarebbe bene che da parte di tutti, da parte delle forze politiche e delle varie organizzazioni democratiche ci fosse nei confronti del fenomeno Lega Lombarda una posizione netta di rifiuto a qualunque forma di riconoscimento di legittimità. Questo non per chiudere gli occhi davanti al fenomeno, non per rifiutarci di comprenderne le ragioni, ma perché se vediamo in questo l’inizio di un possibile sbandamento generale della coscienza democratica, è bene fissare da subito un argine molto chiaro e molto preciso. Al di là delle dichiarazioni ufficiali degli esponenti della Lega Lombarda, la radice razzista di questo movimento è evidente, visibile. Basta guardare i comportamenti, gli slogan, le scritte. Di fronte al pericolo del razzismo, è necessaria l’unità delle forze democratiche, in una battaglia politica e culturale molto esplicita.

Il decadimento della politica, gli elementi di corporativizzazione, il prevalere degli interessi immediati, portano questo, e portano in una direzione assai pericolosa. C’è l’esigenza di rilanciare la politica come governo democratico delle trasformazioni che abbiamo davanti a noi su scala nazionale e su scala mondiale. Se prevale la logica del mercato, il puro affidamento alla spontaneità del mercato, secondo le ricette neo-liberiste, non si risolvono i problemi, non si recuperano i valori di solidarietà, e le grandi contraddizioni sociali che si stanno determinando in Italia e nel mondo sono destinate a essere ulteriormente alimentate e sviluppate, se manca un intervento forte della politica e una capacità di governo di questi processi. Un aspetto importante che va affrontato è quello dell’assetto istituzionale, anche per rispondere alle posizioni autonomistiche della Lega Lombarda.

Occorre un disegno di riforma dei poteri dello Stato, un riequilibrio tra poteri centrali e poteri decentrati; un rafforzamento dal ruolo delle regioni, e dell’intero sistema dalla autonomie locali, riprendendo così una battaglia tradizionale della sinistra e della forze democratiche.

Questo tema torna oggi di attualità di fronte ai processi di accentramento del potere politico, e di fronte all’esigenza di recuperare un rapporto democratico più ampio con l’insieme dei cittadini e dei lavoratori.

Questa battaglia va condotta, come diceva la relazione, in un’ottica di solidarietà nazionale. Non la Lombardia che si fa i fatti suoi, prescindendo dai problemi di equilibrio tra le esigenze del Nord e quelle del Sud del paese, ma un recupero di potere, di controllo democratico a livello regionale, senza perdere di vista l’analisi del rapporto tra Nord e Sud, che è tutt’altro che in via di soluzione. La forbice tra le regioni meridionali e le regioni del Nord si è accentuata in questi anni, e tutti gli indici economici dimostrano come la situazione sia peggiorata. C’è quindi un’esigenza di riequilibrio, economico, sociale e culturale. I vari approcci alla questione meridionale hanno fatto fin qui fallimento. Ha fatto fallimento l’intervento straordinario e non sono decollate le regioni meridionali dal punto di vista istituzionale. C’è quindi un generale peggioramento della situazione del Sud e questo è un tema che va posto con grande forza, come una priorità politica nazionale. In assenza di questo, come sappiamo, l’unica forza che riesce a essere efficiente ed efficace nel Sud è la forza delle organizzazioni criminali.

Un rilancio del problema meridionale, come grande tema nazionale, comporta un potenziamento delle autonomie, perché lo Stato centralizzato, come abbiamo visto, non è affatto in grado di risolvere il problema. Il tema si allarga al rapporto nord sud a livello mondiale, come molti interventi e la relazione hanno ampiamente illustrato. Questo tema entra ora direttamente nella nostra esperienza quotidiana, perché non si tratta più solo di realtà lontane: la presenza massiccia dell’emigrazione dai paesi del terzo Mondo nelle nostre città, fa sì che la contraddizione mondiale tra il Nord e il Sud del mondo sia fisicamente presente nella nostra vita quotidiana. È evidente che ci sono delle cause storiche profonde che non possiamo rimuovere, se non attraverso una strategia politica di lungo respiro. C’è da modificare un modo corrente di vedere il problema, che troviamo anche nel nostro linguaggio: parliamo normalmente di paesi in via di sviluppo, mentre in realtà non lo sono affatto, sono in via di distruzione. Parliamo del rapporto tra Sud e Nord del mondo come se il Nord rappresentasse un modello di organizzazione sociale e produttiva, a cui il Sud dovrebbe gradualmente avvicinarsi. In realtà, non c’è questo avvicinamento, perché crescono le contraddizioni su scala mondiale, e una ipotetica generalizzazione del modello del nord avrebbe degli effetti totalmente distruttivi di qualsiasi equilibrio economico e ambientale.

Il problema non è quello di condurre questi paesi su una linea di rincorsa disperata per raggiungere o tentare invano di raggiungere, il traguardo della civiltà occidentale, ma è quello di riesaminare complessivamente le forme dello sviluppo, di realizzare una politica di cooperazione che tenga conto degli equilibri di carattere ambientale, e quindi anche di riesaminare criticamente il nostro modello.

Da questa contraddizione sempre più esplosiva viene il fenomeno dell’immigrazione, che non possiamo pensare di bloccare con degli artifici e con delle misure di carattere autoritario. Dobbiamo considerarlo per un lungo periodo di tempo come un dato strutturale della situazione, con il quale dobbiamo saper convivere. E qui si aprono problemi e responsabilità importanti per il movimento sindacale e per l’insieme delle forze politiche.

Si tratta di vedere come avviene l’inserimento dei lavoratori stranieri nella nostra società, dal punto di vista del lavoro, delle condizioni sociali, dei servizi, e anche sotto il profilo del riconoscimento della loro diversità culturale.

La difesa dei lavoratori stranieri richiede che sia portata a un livello più alto, per tutti, la soglia dei diritti, perché in un mercato del lavoro disastrato, in cui prevalgono fenomeni di illegalità, in cui le esigenze della efficienza produttiva sacrificano quelle della solidarietà sociale, la situazione dei lavoratori stranieri e di tutte le fasce deboli del mercato del lavoro diviene sempre più precaria.

Qui ci sono battaglie comuni dei lavoratori italiani e immigrati per i diritti dei lavoratori E penso alla battaglia per i diritti nelle piccole imprese, che è di immediata attualità politica, per la tutela delle fasce deboli del mondo del lavoro, per la generalizzazione e la tutela efficace dei diritti democratici dei lavoratori in tutto il sistema delle imprese. È una battaglia che accomuna l’intero mondo del lavoro. Oltre a questo ci sono i problemi dell’inserimento sociale, dei lavoratori immigrati che non hanno soltanto il problema del lavoro, ma hanno anche i bisogni più elementari a partire da quello, gravissimo, dell’alloggio.

C’è l’esigenza con questo di un’azione del sindacato e di tutte le forze sociali e democratiche. Non dobbiamo limitarci alla denuncia, ma dobbiamo costruire un’azione sindacale. Abbiamo cominciato a farlo in condizioni di debolezza e di difficoltà. Vogliamo organizzare nel sindacato la presenza dei lavoratori stranieri: se la società diventa sempre più una società multi-razziale, multi-etnica, deve essere così anche il sindacato, essere in grado di organizzare queste diverse forze. E dobbiamo definire meglio piattaforme e obiettivi, dobbiamo aprire una vera e propria vertenza sociale sui problemi che riguardano: lavoratori stranieri, avendo come interlocutori, come controparti, le organizzazioni padronali e le istituzioni politiche, per affrontare complessivamente i problemi del lavoro, dell’inserimento sociale, dei diritti sociali e politici di questi lavoratori. Dico anche “politici”, perché il diritto di voto per gli immigrati è un punto da inserire nella nostra piattaforma.

È molto importante l’accordo che abbiamo registrato con le altre organizzazioni sindacali, che apre la possibilità di un’azione comune, sui temi di cui abbiamo discusso e di un rilancio complessivo dell’unità sindacale. Noi abbiamo subìto dei colpi, in questi anni; abbiamo da fare un esame anche critico e autocritico della nostra esperienza in questo decennio, in questi anni ‘90, che hanno visto il prevalere di posizioni antisindacali e di politiche neo-liberistiche. Si tratta ora di rimettersi al lavoro, di vedere acutamente, realisticamente gli elementi della situazione, e le caratteristiche nuove del conflitto sociale che abbiamo di fronte e di organizzare un’azione unitaria, per una ripresa forte dell’azione del sindacato.



Numero progressivo: A30
Busta: 1
Estremi cronologici: [anni 90]
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Fogli battuti a macchina
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -