IL LAVORO STA AL PRIMO POSTO

La capacità di rilanciare la classe lavoratrice come soggetto politico. Qui è il destino della sinistra

”Dal sociale al politico”, rubrica di Riccardo Terzi

Mentre si sta avviando la discussione sulle linee programmatiche della nuova formazione politica, c’è una questione preliminare a cui occorre dare una risposta, ed essa riguarda gli elementi costitutivi e fondanti che danno significato al nuovo progetto. Il problema si può formulare così: il punto di partenza può ancora essere individuato nel lavoro, il che vale a dire nella struttura di classe della società, e la discontinuità investe anche questo elemento, che ha caratterizzato tutta l’esperienza storica della sinistra, e occorre a questo punto partire da diverse premesse teoriche? In altri termini: pensiamo al ruolo della sinistra come legato organicamente alla storia delle classi e al processo di liberazione della classe lavoratrice, o viceversa pensiamo che questo approccio sia ormai privo di significato, e assumiamo quindi un orizzonte di tipo liberal-democratico, nel quale ha valore solo la questione dei diritti di cittadinanza? Si tratta di due diverse impostazioni, che possono sì trovare nella pratica politica molti punti di incontro, ma che configurano un diverso inizio, una diversa analisi teorica della società moderna, una diversa cultura politica, e che richiedono quindi una scelta preliminare che sia sufficientemente chiara. Qui non è in questione il comunismo, o il neocomunismo. E in questione il nostro rapporto con il movimento operaio, nella sua più larga accezione.

Un importante chiarimento è venuto dalla conferenza di Torino sulla Fiat, sia per il fatto in sé, per il valore politico indubbio che ha l’aver scelto come primo appuntamento del processo costituente un incontro dedicato ai problemi del lavoro e dell’impresa, sia per le esplicite e impegnative dichiarazioni contenute nelle conclusioni di Occhetto, per l’indicazione del lavoro come elemento fondante della nuova formazione politica, e della classe lavoratrice come suo soggetto primario. Ciò può consentire al partito di impegnarsi nella ricerca più spregiudicata di una nuova identità senza smarrire le sue radici, e senza rischiare una dissoluzione della sua forza. Questa discussione intorno all’identità del nuovo partito presuppone l’analisi del processo sociale e politico degli anni 80 il quale ha messo in campo un nuovo protagonismo politico della grande impresa capitalistica, che agisce a tutto campo con un proprio progetto di egemonia, investendo non solo la sfera economica-produttiva, ma gli assetti territoriali, l’organizzazione del sapere, le forme della politica, e anche gli stili di vita e le relazioni fra le persone. Si è così spostato, in profondità, l’equilibrio dei poteri: diviene precario il compromesso di tipo keynesiano tra Stato e mercato, si restringono gli spazi della regolazione politica, e cambia così la natura stessa dell’intervento politico che sempre più si configura come azione di supporto dell’iniziativa privata. Tutta la discussione nella sinistra ruota intorno a questo centro e riflette diverse letture del processo reale. Le teorie della “governabilità”, infatti, contrappongono la vitalità e il dinamismo progressivo della società civile al ritardo e alle disfunzioni del sistema politico. Esse stanno dunque all’interno del ciclo neo-liberista: il problema è solo quello di mettere la politica al passo con l’evoluzione spontanea della società. Il problema non è la democratizzazione del sistema sociale e politico, ma solo la sua efficienza. Nel rapporto con il PSI di questo si tratta, e non di antiche incrostazioni ideologiche o di reciproci settarismi. Per questo, non per altro, va rifiutata oggi una prospettiva di unità socialista, perché è diversa l’analisi dei processi reali, e la ricerca di una convergenza politica non può annullare l’autonomia di posizioni politiche e culturali diverse.

La medesima analisi critica può essere rivolta a quelle posizioni, politicamente assai lontane dal craxismo e conflittuali con esso, che indicano nel dominio della partitocrazia il problema principale del nostro tempo. Possiàmo citare, ad esempio, Paolo Flores D’Arcais e il suo ultimo libro, presentato come “il manifesto per la costituente del nuovo partito della sinistra”. All’antagonismo di classe si sostituisce il conflitto che oppone gli individui al sistema partitocratico. Perciò il nuovo partito deve essere un “partito di individui”. Anche in questo caso scompare la centralità del lavoro e dei rapporti sociali. Non si vede come la degenerazione del sistema politico sia il frutto di un processo sociale che ha dato vita a un dominio oligarchico dei grandi gruppi economici, come il decisionismo e il protagonismo personale dei capi politici sia solo una maschera, perché il loro potere è solo un potere di mediazione. C’è, sì, invadenza della politica, in campi che dovrebbero essere regolati in modo autonomo, ma c’è anche, essenzialmente, impotenza della politica, riduzione della politica a tecnica, a sottosistema che obbedisce alle regole oggettive del mercato: il “mercato politico” appunto, come si usa ormai dire, cogliendo la sostanza di un processo di generale mercificazione.

Partire dal lavoro ha quindi un senso politico e strategico, in quanto non è possibile comprendere la trama della società e la sua dinamica se non mettiamo al centro i rapporti sociali e di potere che si realizzano nell’impresa. Il lavoro resta il centro di un sistema complesso di relazioni. E non c’è avanzamento civile se non si interviene su questo sistema di relazioni.

Il destino della sinistra, dunque, dipende essenzialmente dalla possibilità di realizzare un progetto che rimetta in campo la classe lavoratrice come soggetto politico. Il nuovo partito non sarà solo un partito di individui, ma un’organizzazione sociale, che porta a un livellò più alto tutta l’esperienza storica del movimento operaio.



Numero progressivo: H113
Busta: 8
Estremi cronologici: 1990, 8 luglio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Scritti
Serie: Riflessioni politiche - Scritti Sindacali -
Pubblicazione: “Rinascita”, n. 22, 8 luglio 1990, p. 39