CONSIGLIO GENERALE CGIL DEL 31 GENNAIO 1990

Relazione di Riccardo Terzi

1) Dopo la Conferenza d’organizzazione di Firenze, il C.G. della CGIL ha deliberato circa l’attuazione della riforma organizzativa. Queste decisioni ci sembrano essere in profonda sintonia con gli orientamenti e con le proposte avanzate dalla nostra Assemblea Regionale, che riteniamo abbia offerto un importante contributo di valore nazionale.

Riassumo sinteticamente i punti più significativi che dovranno caratterizzare la nostra politica organizzativa

a) Il riequilibrio della rappresentanza di sesso a tutti i livelli, confermando l’obiettivo del 25% di donne in tutti gli organismi, e proponendoci di garantire una presenza femminile in tutte le segreterie.

In Lombardia c’è stato qualche avanzamento, ma il processo va avanti ancora troppo a rilento (attualmente abbiamo la presenza di 1 compagna nella segreteria regionale, di 5 compagne nelle segreterie delle Camere del lavoro, e di 9 compagne nelle segreterie regionali di categoria).

Occorre, per non ridurre tutto ad una questione meccanica di quote, una riflessione più ampia sul modo di funzionamento dell’organizzazione e sulle sue politiche rivendicative e contrattuali.

Per questo proponiamo di organizzare nella prossima primavera un’iniziativa politica che affronti complessivamente questo ordine di questioni, e che sia preparata d’intesa con il coordinamento donne della CGIL regionale.

b) Costruzione di strutture di coordinamento, con poteri reali e con corrispondenti risorse, umane e finanziarie. Si tratta di rompere la rigidità dell’attuale struttura, che lascia scoperti i punti deboli della nostra capacità di rappresentanza. Si tratta quindi di compiere un preciso investimento politico-organizzativo nelle seguenti direzioni: quadri e tecnici, artigianato e piccole imprese, lavoratori stranieri, comitati per il lavoro, portatori di handicap.

c) Costituzione dei comitati degli iscritti nei luoghi di lavoro, come struttura organizzativa e non contrattuale.

d) Esame ragionato delle strutture regionali di categoria, e delle varie esperienze di “intreccio” tra Regionale e Milano. Tale esame spetta ovviamente in prima istanza agli organismi dirigenti delle categorie, con il coinvolgimento del Regionale CGIL.

e) Una più generale riforma della macchina organizzativa lungo due fondamentali direttive: flessibilità della struttura, che deve lavorare per la realizzazione di progetti precisi, verificabili nei loro risultati, e massimo decentramento delle risorse e dei ruoli di direzione.

f) Rafforzamento delle strutture di servizio.

g) Definizione di un progetto formativo, assegnando al tema della formazione sindacale un rilievo centrale, e tenendo conto delle nuove esperienze in corso (Progetto Europa, Convenzione con l’Università di Pavia). A questo fine sarà organizzata un’apposita Conferenza regionale sul tema della formazione.

h) Infine, nella realtà della Lombardia, occorre tener conto delle esperienze significative che si sono realizzate attraverso strutture collaterali che hanno consolidato un loro ruolo autonomo rispetto alla CGIL: Ambiente e Lavoro, Progetto Sviluppo, IRES.

Confermando questa scelta di articolazione e di autonomia, va rapidamente esaminata la possibilità di dar vita ad una organizzazione autonoma di consumatori, superando i limiti delle esperienze precedenti.

Per un esame operativo di tutto questo insieme di questioni è convocato per il 22 febbraio l’esecutivo regionale, allargato ai responsabili dell’organizzazione. Dovremo in quella sede passare alla “fase operativa”, intendendo la riforma organizzativa come un processo, da realizzare e completare entro i tempi del Congresso della CGIL.

 

2) La situazione politico-sociale.

a) In primo piano stanno i mutamenti della situazione internazionale, provocati dalla straordinaria “rivoluzione democratica” che ha investito i paesi dell’Est Europeo. Saltano i vecchi equilibri dell’Europa di Yalta, e tutta la politica europea e mondiale va ormai pensata in una nuova e più larga dimensione.

Ciò pone anche al sindacato l’esigenza di una più incisiva iniziativa internazionale, ed è questo un tema che intendiamo approfondire unitariamente con CISL e UIL, per fare un bilancio delle nostre relazioni internazionali, e per individuare le necessarie priorità strategiche alla luce della nuova situazione.

b) I mutamenti internazionali hanno determinato importanti elementi di novità e di movimento nel dibattito politico della sinistra italiana, e particolarmente nel PCI. Seguiamo con grande attenzione questi nuovi sviluppi, nella più rigorosa difesa dell’autonomia della CGIL, e garantendo piena libertà individuale ai singoli militanti e dirigenti.

Il punto politico su cui più direttamente può concentrarsi la nostra attenzione riguarda gli effetti che questa situazione di movimento, a livello mondiale e nazionale, può determinare sulla dinamica del sindacato e sulla possibilità di riaprire, su nuove basi, il processo unitario.

Alcuni segni nuovi, in questa direzione, si sono manifestati, sia nella CISL, che nella UIL. Da parte nostra ci deve essere la più ampia e totale disponibilità alla ripresa di una prospettiva unitaria. Ma essa non può avvenire sul terreno di un nuovo collateralismo politico, come effetto dei processi politici, ma come maturazione di una piena autonomia dell’iniziativa sindacale.

c) Nonostante questi segni di movimento, la situazione politica nazionale continua ad essere complessivamente bloccata, ed è in atto una stabilizzazione del quadro politico -governativo.

È un dato negativo e preoccupante la difficoltà del sindacato a dare continuità alla lotta, dopo le mobilitazioni su fisco e ticket, a incidere con una propria forte iniziativa autonoma nei confronti della politica economico sociale del governo.

Sull’insieme della manovra economica della finanziaria non siamo riusciti ad incidere, e rischiamo il protrarsi di una situazione di stasi.

C’è un problema generale, di definizione programmatica e progettuale, per completare la ricerca che si è avviata a Chianciano. Ma c’è, più urgentemente, la necessità di selezionare le priorità su cui costruire, da subito, un movimento di lotta.

Tre terreni di iniziativa ci sembrano essere, in questa fase, di più pregnante significato politico:

1) La politica fiscale, con la necessità di rilanciare nella sua integrità la piattaforma del sindacato e di passare all’attuazione della fase due della riforma, mentre la politica del governo sembra andare in controtendenza.

2) La conquista di nuovi diritti per i lavoratori delle piccole imprese. È aperta una grande battaglia democratica, su cui dobbiamo investire tutte le nostre risorse politiche. Il nostro obiettivo fondamentale resta l’approvazione di una legge, che accolga le richieste avanzate unitariamente dal sindacato.

Il referendum indetto da D.P. può essere un utile stimolo per un’accelerazione dell’iniziativa sindacale e politica, e dovremo in ogni caso, sia nell’ipotesi di una preventiva misura legislativa, sia in quella dello svolgimento del referendum, dispiegare una grande azione di orientamento di massa, per affermare il valore di principio che per noi ha il riconoscimento dei diritti democratici per tutti i lavoratori.

3) Il Mezzogiorno. Si acuisce nelle regioni meridionali un’emergenza nazionale di gravissime dimensioni, con una crescente caduta di autorità dello Stato democratico.

Il sindacato deve con più chiarezza definire le proprie strategie, valutando le proposte di “reddito garantito”, da legare ai processi formativi e di avviamento al lavoro, e precisando più concreti obiettivi di intervento straordinario a sostegno dell’occupazione. E una discussione politica che deve coinvolgere l’intera organizzazione sindacale.

d) L’accordo con la Confindustria può essere considerato, nelle condizioni date, come un accordo positivo che favorisce l’avvio della stagione contrattuale.

È un accordo assai limitato, che evita la logica dei “tetti programmati” per i contratti, che sollecita il governo ad un intervento strutturale in materia di fiscalizzazione degli oneri sociali, e che consegna alcuni utili e parziali risultati per quanto riguarda il sistema delle relazioni industriali e la formazione professionale. Per i contratti, che restano un appuntamento assai difficile ed impegnativo, deve essere del tutto chiara e inequivoca la responsabilità autonoma· delle categorie, mentre la Confederazione può svolgere un lavoro di raccordo e di sostegno politico.

 

3) Il lavoro unitario, a livello regionale, con CISL e UIL può avere uno sviluppo positivo, essendoci una comune volontà di miglioramento delle relazioni, ed essendo stati individuati alcuni terreni di ricerca, di elaborazione e di iniziativa.

Si sta approntando in questo senso un piano di lavoro unitario, che affronta i seguenti punti:

a) la democrazia economica, in tutti i suoi diversi aspetti: legislazione nazionale ed europea, esperienze “bilaterali” (protocollo IRI, artigianato ecc.), forme di partecipazione del sindacato in enti e società di carattere pubblico, fondi integrativi;

b) le riforme istituzionali, e la questione del regionalismo;

c) l’iniziativa internazionale;

d) gli obiettivi di questa ultima fase della legislazione regionale, indicando come priorità i temi dell’ambiente.

 

4) La segreteria regionale della CGIL presenterà alla prossima riunione della C.G. le linee del piano di lavoro, sulla base delle indicazioni politiche generali che possono scaturire dai lavori della riunione di oggi. Nella preparazione del piano di lavoro saranno coinvolte, nella misura più ampia possibile, tutte le strutture della CGIL.


Numero progressivo: A26
Busta: 1
Estremi cronologici: 1990, 31 gennaio
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagine rivista
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: “Nota settimanale della CGIL Lombardia”, n. 5, 12 febbraio 1990, pp. 1-2