[CGIL E PCI VERSO IL CONGRESSO]

Intervento di Riccardo Terzi decontestualizzato

La concomitanza del congresso della CGIL e di quello del PCI offre l’occasione per una riflessione a vasto raggio per un’analisi complessiva delle condizioni, sociali e politiche, entro le quali si svolge la lotta del movimento operaio e della sinistra.

Mentre il dibattito interno alla CGIL ha una fortissima connotazione critica e autocritica, ed è tutto proiettato alla ricerca e alla sperimentazione di una linea di rinnovamento della politica sindacale, non c’è nel Partito la stessa consapevolezza che siamo a un punto cruciale di svolta. Si profila un Congresso di consolidamento e di riconferma, nelle linee politiche e nell’assetto organizzativo, il che mi sembra essere assai poco in sintonia con la storia travagliata di questi ultimi anni, con gli interrogativi che essa solleva, con il bisogno diffuso di una discussione di verità e chiarezza, che non sia sacrificata alla ricerca preventiva di una mediazione unitaria.

Non è plausibile un’analisi secondo cui c’è una crisi del sindacato, e una caduta verticale del suo rapporto democratico con i lavoratori, mentre sul terreno politico la crisi è del pentapartito, e si aprirebbero per il PCI prospettive ravvicinate di ingresso nell’area di governo.

Se i rapporti di forza e di potere si sono modificati, se il movimento operaio è stato costretto sulla difensiva, se si tratta di uscir fuori da una situazione pericolosa in cui il movimento dei lavoratori ha perso terreno ed è stato bloccato da divisioni interne, allora anche l’iniziativa del Partito deve partire da qui, e la proposta politica ha senso se si misura con questi problemi, e incide sulla realtà dei rapporti di classe.

Mi sembrano perciò nominalistiche le discussioni sul “governo di programma” o sul “governo costituente”. In entrambi i casi si discute di una prospettiva del tutto aleatoria, di una formula disancorata dalla realtà, non suffragata da una valutazione concreta delle forze in campo.

Il nostro problema non è quello di cercare scorciatoie, ma di ridefinire e di concretizzare l’obiettivo di una politica di alternativa, non in termini propagandistici, come abbiamo fatto in questi anni, ma con i piedi per terra, verificando concretamente le condizioni, i rapporti di forza, gli schieramenti, gli alleati possibili, gli obiettivi programmatici.

Occorre anzitutto agire sulle cause che hanno determinato, negli anni passati, un indebolimento della sinistra e un isolamento politico del nostro Partito.

Le difficoltà del PCI dipendono anzitutto dal fatto che sono stati colpiti i suoi tradizionali punti di forza, che si è lacerato quel vasto tessuto unitario e democratico che si era costruito nel governo locale, nel movimento di massa, e al quale corrispondeva anche un orientamento progressivo della cultura italiana.

La forza del PCI è sempre stata proporzionata alla forza e all’ampiezza di questo tessuto unitario: è illusorio pensare che possa restare intatta se queste condizioni vengono rimesse in discussione.

Per questo, la “questione sindacale” ha un grande significato politico: perché non c’è per il PCI una prospettiva politica seria e realistica se non sulla base di un ruolo forte del movimento sindacale e di una sua tenuta unitaria.

L’unità sindacale è un problema strategico. In questa direzione, c’è bisogno da parte del Partito di un’opzione politica chiara, inequivoca, di un sostegno deciso a tutti gli sforzi volti a riattivare un processo di convergenza e di unità tra le diverse componenti del sindacato In questi anni, questa chiarezza di linea non c’è stata, e anzi è apparsa spesso una certa diffidenza per il lavoro faticoso, ma necessario, di chi nella CGIL si è ostinato a considerare ancora aperta e percorribile la strada dell’unità.

Per questa ragione, mi sembrano francamente sbagliate e devianti le accentuazioni critiche presenti nell’emendamento del compagno Ingrao, non già perché non sia reale il problema della democrazia nel sindacato, ma perché se esso viene affrontato isolatamente, fuori da ogni considerazione sulla necessità di ripristinare le condizioni di un patto unitario, si alimenta, di fatto, il settarismo di chi rifiuta per principio ogni compromesso, ogni mediazione, e si dà una risposta demagogica ai problemi della crisi del sindacato. Ma è solo un problema del sindacato? O non c’è anche per il partito la necessità di misurarsi con le altre forze della sinistra, a cominciare dal PSI, con quelle forze che sono interlocutori obbligati e privilegiati di una politica di alternativa? Se a questa esigenza di confronto opponiamo il culto della nostra “diversità”, ci mettiamo in un vicolo cieco.

In sostanza, la ricerca critica e autocritica è per tutti un’esigenza ineludibile in questa fase. Non si può non escludere il rischio di un declino e di un arretramento ulteriore. E se in primo piano sta questo bisogno di ricerca è di impaccio ogni richiamo rituale all’unità del Partito, come se si trattasse solo di ratificare una sintesi politica già compiuta.



Numero progressivo: F22
Busta: 6
Estremi cronologici: [1986?]
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Fogli battuti a macchina
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Politici - PCI -