BATTERSI OGGI PER USCIRE DALLA NATO

Una scadenza obbligatoria per la sinistra italiana

di Riccardo Terzi, senza firma

Nel corso della crisi di governo, quando si cominciò a porre l’esigenza di andare oltre i limiti della politica di centro-sinistra, l’on. Piccoli, segretario politico della Democrazia Cristiana, ebbe a dichiarare che nessuno spostamento a sinistra era possibile, dato la collocazione internazionale dell’Italia ed il sistema di alleanze a cui siamo vincolati. Con ciò, si affrontava uno del problemi più delicati della nostra vita politica nazionale, lo si affrontava con una certa franchezza brutale, e con altrettanta franchezza il movimento operaio deve dare una risposta.

Sono trascorsi venti anni dalla firma del Patto Atlantico da parte del governo italiano. Quella decisione si collocava allora nel quadro della campagna anticomunista e antisovietica, della rottura dell’unità delle forze antifasciste, dei piani di mobilitazione dell’Europa occidentale. Si trattava dunque di un atto politico con il quale la borghesia italiana cercava di assicurarsi una protezione per arginare il movimento di lotta dei lavoratori e per imporre una politica conservatrice. Il movimento operaio subiva allora una sconfitta di gravi proporzioni, ed era costretto a lottare su di un terreno più sfavorevole.

Ora, a distanza di venti anni, il problema è ancora aperto e la classe dirigente ne fa una questione di fondo, di principio cercando di impedire qualsiasi modifica, anche parziale, della nostra collocazione internazionale. Si dice che l’appartenenza alla NATO è una garanzia per la sicurezza nazionale, un fattore di equilibrio nei rapporti interazionali; che i tempi non sono ancora maturi per una diversa collocazione politica, che dunque nulla deve essere cambiato. Che la borghesia sostenga questa linea non è motivo di meraviglia, dato l’evidente legame di interessi che unisce il padronato italiano all’imperialismo internazionale. Piuttosto deve essere rimarcata l’incertezza, l’esitazione di tante forze di sinistra, che su questo terreno si muovono con prudenza tale che diviene alla fine pavidità ed inerzia. Non soltanto le sinistre democristiane, ma lo stesso Partito Socialista hanno finito per acconsentire, di fatto, alla linea atlantica, di fedeltà al sistema di alleanze nel quale ci troviamo, nel nome di un realismo politico che è in realtà miopia politica e mancanza di coraggio.

Il problema non può essere evitato, e non lo si risolve con qualche piccola scaramuccia verbale. Quando si pone il problema di una avanzata della democrazia, nel nostro Paese, di uno spostamento a sinistra, di un rafforzamento delle posizioni della classe operaia, bisogna sapere che tutto ciò può essere realizzato solo se si dà un colpo all’egemonia americana e ai gruppi politici che sono direttamente legati alla politica americana, i quali si muovono proprio nella direzione opposta. Del resto, l’esperienza della Grecia non ci può lasciare indifferenti, ma essa è un monito, un campanello d’allarme, perché la reazione fascista ha potuto vincere in quel Paese proprio per l’appoggio dei circoli politici e militari americani. Ecco dunque che quelle forze democratiche, socialiste e cattoliche, che si muovono lungo una linea di rinnovamento e di progresso, devono necessariamente fare i conti con questo problema, e in questo caso non c’è realismo politico che non sia anche coraggio di dare battaglia in modo aperto, per una politica di effettiva indipendenza nazionale.

La nostra appartenenza alla NATO non ha nessuna giustificazione militare, sotto il profilo della nostra sicurezza ma al contrario può rappresentare per noi il rischio di essere coinvolti in qualche avventura imperialistica. Non alla sicurezza della nazione pensano le forze politiche di destra e i socialdemocratici, ma alla sicurezza delle loro posizioni di potere, alla difesa dei profitti della classe dirigente. In effetti, la NATO agisce come una specie di polizia internazionale, pronta ad intervenire per stroncare l’avanzata del movimento operaio.

E allora, in questo momento di grandi e unitarie lotte operaie, di obiettiva difficoltà e incertezza in cui si trova la classe dirigente, occorre riprendere con forza e con un largo schieramento politico la lotta per una svolta nella politica estera, che sottragga il nostro Paese al controllo della NATO e dell’imperialismo americano.

Per battere le manovre reazionarie, per far fallire i piani della grande borghesia, occorre non solo modificare i rapporti di forza del nostro Paese, ma anche sottrarre alla destra politica la possibilità di utilizzare quei centri di potere, collegati alla NATO, i quali sfuggono a qualsiasi controllo democratico, come è apparso con evidenza in tutta la complessa vicenda del Sifar.

Noi comunisti siamo pronti a qualsiasi forma di incontro, di collaborazione, anche per obiettivi parziali; la cosa essenziale è, in questo momento, superare le esitazioni e costruire un’iniziativa politica che sia capace di incalzare l’avversario e di conquistare alcuni primi risultati.


Numero progressivo: G72
Busta: 7
Estremi cronologici: 1969, 3 ottobre
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Scritti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Nuova Sesto”, 3 ottobre 1969