ATTIVO UNITARIO SUL PROTOCOLLO IRI

Attivo degli esecutivi delle aziende IRI in Lombardia del 13 marzo 1985

Relazione di Riccardo Terzi a nome della Segreteria CGIL-CISL-UIL

1) Il protocollo d’intesa tra CGIL-CISL-UIL e IRI è stato siglato il 18 dicembre 1984. Sono passati quasi tre mesi, nei quali troppo poco è stato fatto per illustrare ai delegati di fabbrica e ai lavoratori l’accordo, per discutere tutte le implicazioni, per preparare le strutture sindacali a gestire i nuovi strumenti che con l’accordo sono stati conquistati.

C’è un nostro ritardo grave, che non è spiegabile per le difficoltà organizzative, ma che è piuttosto il sintomo di una sottovalutazione politica, e forse anche di un dissenso politico, che però non si esprime esplicitamente.

La decisione di indire in tutte le aziende IRI assemblee di consultazione dei lavoratori non è stata realizzata.

Questa esigenza resta valida. Occorre la più ampia informazione e discussione con tutti i lavoratori. Altrimenti il protocollo diviene un fatto di vertice, e con ciò perderebbe il suo significato e la sua potenzialità.

Rinnoviamo quindi la richiesta di una campagna di assemblee, che deve essere organizzata dalle strutture unitarie di categoria.

 

2) Le premesse politiche su cui si regge tutto l’impianto dell’accordo sono le seguenti:

a) il ruolo dell’IRI come soggetto decisivo della politica industriale. Ai fini di un rilancio della politica di programmazione nazionale, diviene centrale la questione delle PP.SS., dei loro indirizzi di politica economica, e della costruzione di nuove relazioni sindacali;

b) la necessità di realizzare, nel sistema delle imprese pubbliche, un vasto processo di ristrutturazione produttiva e di risanamento finanziario. Si pone una esigenza di efficienza e di produttività delle imprese. È questo un processo che deve riguardare tutti i settori. Si rifiuta quindi l’idea di un impegno dell’IRI indirizzato esclusivamente verso i settori strategici, e di un abbandono dei settori maturi;

c) per affrontare questi obiettivi, è necessario scegliere la strada del confronto e del consenso dei lavoratori.

Ecco il punto centrale: “un sistema di informazione e consultazione rivolto a realizzare la partecipazione del sindacato in tutte le fasi di progettazione esecutiva, realizzazione e verifica della politica industriale, economica ed occupazionale del Gruppo e delle imprese controllate”.

È evidente il significato politico di questa scelta, nel momento in cui i gruppi dirigenti della Confindustria si orientano in tutt’altra direzione, proponendosi di liquidare il potere di contrattazione del sindacato.

L’elemento di maggiore novità sta nel riconoscimento di una contrattazione preventiva: i progetti di ristrutturazione e di innovazione possono divenire operativi solo dopo una fase formalizzata di consultazione tra le parti, per la quale si istituiscono appositi organismi, i comitati paritetici.

 

3) I Comitati consultivi paritetici

Essi sono “organismi stabili per l’informazione e la consultazione tra le parti”. Non sostituiscono le normali sedi di contrattazione (in quanto hanno solo compiti di istruttorie), e non limitano l’autonomia reciproca delle parti (in quanto non hanno poteri decisionali e di gestione).

Il modello, quindi, non è quello della cogestione, ma costituisce piuttosto uno sviluppo della pratica sindacale che ha dato luogo ai diritti di informazione. Uno sviluppo, sia per le materie che vengono individuate come oggetto del confronto, sia per il carattere preventivo, sia per l’individuazione di appositi strumenti. Il confronto avviene su tutto l’arco delle questioni: strategia industriale, progetti di ristrutturazione, politica del lavoro, organizzazione del lavoro, politica occupazionale.

I comitati si costituiranno su tre livelli: di azienda (o raggruppamento), di settore, territoriale. Al livello del gruppo IRI, il confronto avviene con le confederazioni nazionali.

Per un corretto funzionamento dei comitati vi sono due importanti garanzie: la possibilità di convocare gli organismi paritetici su richiesta di una delle parti, e la possibilità di convocazione simultanea di tutti i livelli interessati.

Si prevede una fase di sperimentazione di due settori (cantieristica ed elettronica), e in tre aree territoriali (Lombardia, Liguria, Campania). La sperimentazione riguarda solo i comitati, mentre l’accordo resta valido in tutte le sue parti per l’insieme delle aziende IRI.

Per quanto riguarda la realtà lombarda, abbiamo dunque alcune scadenze immediate: il comitato territoriale (si prevede la prima convocazione per il 15 aprile), i comitati aziendali all’ltaltel e alla SGS (convocati rispettivamente il 28/3 e il 2/4).

A livello aziendale, va attentamente definito il rapporto tra comitato paritetico e consiglio di fabbrica. Per evitare dualismi o contrapposizioni, occorre tenere ben ferma la distinzione dei ruoli (e quindi anche una distinzione nella composizione degli organismi), e occorre inoltre che la nomina venga fatta dai consigli, di intesa con le organizzazioni sindacali esterne.

“Le parti spettanti a ciascuna organizzazione sono proporzionali alla loro rappresentatività, con la garanzia della rappresentanza comunque di ciascuna sigla, anche se priva di delegati nel CdF, purché abbia iscritti all’interno dell’azienda”. Lo stesso criterio di proporzionalità vale per i comitati territoriali e di settore. Ad ogni livello, i criteri di scelta dei rappresentanti sindacali debbono tener conto delle necessarie competenze utilizzando anche esperti esterni.

 

4) Politica dell’occupazione

L’impegno è quello di utilizzare tutti gli strumenti, evitando ovunque sia possibile il ricorso alla Cig a zero ore; part-time, rotazione della Cig, nuovi regimi di orario, contratti di solidarietà, mobilità interna al gruppo ed esterna, promozione di nuove iniziative, sostegno a forme di cooperazione e autogestione: si tratta di impegni che dovranno tutti essere puntualmente verificati. Inoltre, c’è nel protocollo un riferimento ad ‘accordi di produttività’, a forme cioè di collegamento, da contrattare, tra salario e produttività.

Su questi due elementi (politica per l’occupazione e politica salariale) si può innestare un’iniziativa specifica del sindacato per la definizione di piattaforme aziendali.

Teniamo conto che l’accordo è stato voluto dall’IRI vincendo la resistenza di gran parte dei gruppi dirigenti delle imprese. Sono quindi prevedibili resistenze, deformazioni dell’intesa, tentativi anche di boicottaggio.

Per questo è necessaria un’iniziativa e una mobilitazione dei lavoratori per la piena attuazione, in tutti i suoi aspetti, del protocollo.

 

5) Regolamentazione del conflitto e procedure di conciliazione

Vanno tenute distinte due diverse questioni:

a) nel caso di conflitti relativi a progetti di ristrutturazione o innovazione, si prevede un’informazione e contrattazione preventiva, e un periodo di tempo limitato (tre giorni prorogabili) entro il quale esaminare il problema che è all’origine del conflitto, con la sospensione delle azioni dirette da parte del sindacato e di ogni decisione operativa da parte della azienda. In caso di mancato accordo, le parti riprendono la loro autonomia e le decisioni di lotta possono essere assunte con un preavviso di almeno quattro ore;

b) per le controversie individuali e plurime, relative all’applicazione di accordi, dopo un tentativo di intesa tra le parti (sulla base di un mandato rilasciato dai lavoratori interessati), si prevede un eventuale ricorso, di comune accordo tra le parti, a un apposito comitato bilaterale di conciliazione.

 

6) I dati sulla presenza IRI in Lombardia mostrano una realtà molto differenziata, in alcuni decisivi settori produttivi e nei servizi: di qui l’importanza del Comitato territoriale, che può consentire un confronto complessivo sulle scelte IRI nella Regione.

I temi prioritari da affrontare a livello regionale ci sembrano essere i seguenti:

a) occupazione, mobilità all’interno del gruppo, sostegno a nuove iniziative imprenditoriali;

b) le prospettive della presenza industriale IRI in Lombardia;

c) impegno per la ricerca, per l’innovazione, per lo sviluppo dei settori strategici;

d) la presenza nei servizi e nelle infrastrutture, una presenza che va messa in sintonia con i programmi di sviluppo della Regione;

e) lo sviluppo conseguente della democrazia industriale.

 

Il comitato territoriale necessita di un rapporto con le strutture del sindacato. Questo problema sarà affrontato dalle singole organizzazioni regionali, prevedendo anche momenti non formalizzati di verifica unitaria.

Vi è inoltre la necessità di un rapporto organico con la cultura scientifica: a questo fine proponiamo di organizzare un Convegno di studio, per una discussione su tutti i problemi di gestione del protocollo, per vedere come attrezzare il sindacato per affrontare i nuovi compiti, per utilizzare i nuovi spazi di contrattazione, per elaborare le informazioni, per assicurare un supporto all’azione dei consigli e dei comitati paritetici.

 

7) In conclusione, l’accordo va valutato con realismo, senza esaltazioni acritiche, come un importante passo in avanti, un terreno più avanzato di iniziativa sindacale.

Condizione necessaria è che il sindacato si impegni con grande determinazione su due terreni:

a) la democrazia economica, la costruzione di un nuovo modello di relazioni industriali che rilanci il ruolo e la partecipazione dei lavoratori;

b) la battaglia per una politica di programmazione e di sviluppo, e per sviluppare un processo di innovazione e di ammodernamento di tutto l’apparato produttivo.


Numero progressivo: A53
Busta: 1
Estremi cronologici: 1985, 13 marzo
Autore: Riccardo Terzi
Descrizione fisica: Rivista
Tipo: Relazioni
Serie: Scritti Sindacali - CGIL -
Pubblicazione: ?