ANCORA APERTA LA QUESTIONE CATTOLICA

Il XVI congresso del PCI

Intervista a Riccardo Terzi

Non daremo un commento complessivo del 16° Congresso del Partito comunista italiano, che si è concluso a Milano domenica scorsa. Tutta la stampa ne ha parlato e ne parla, mettendone in evidenza gli elementi di novità. Di queste novità sottolineiamo soltanto quelle che hanno un interesse più specifico per i nostri lettori, e lo facciamo lasciando parlare due delegati al Congresso, che sono anche membri del Comitato centrale: Riccardo Terzi e Biagio De Giovanni.

Li abbiamo intervistati per sapere se ed in che modo si può parlare ora di una svolta vera, profonda, radicale in quella “questione cattolica” che ha occupato negli ultimi anni una posizione centrale nella politica del partito, condizionando la linea del “compromesso storico” e, per contraccolpo, obbligando vasti settori del mondo cattolico interessati al fatto religioso, o coinvolti nei problemi del Cattolicesimo, a condurre un non sempre facile gioco di rimessa con interlocutori che non sembravano sempre avvertiti della complessità dei problemi e dei mutamenti che si andavano manifestando nella società italiana. Se il cambiamento è avviato, e in quale misura, giudicherà il lettore stesso dalle interviste che pubblichiamo. Le quali esprimono posizioni proprie autorevoli certo e largamente condivise, alle quali però bisognerà affiancare forse altre opinioni diverse. Il gioco è aperto e molto domani dipenderà dagli interlocutori. Dentro il partito e fuori.

 

Intervista a Riccardo Terzi, del Comitato centrale del PCI.

Com Nuovi Tempi: Sembra che il PCI affronti qui in modo diverso i suoi rapporti con le diverse forze che operano per il rinnovamento e la trasformazione dei paese; in modo particolare, per quel che interessa specificamente i lettori di Com Nuovi Tempi, i suoi rapporti con i cattolici e, in senso più ampio, con i cristiani di tutte le chiese. È un cambiamento di linea?

Terzi: «Quando abbiamo definito la linea dell’alternativa ma anche la questione dei rapporti col mondo cattolico è stata impostata in modo diverso rispetto al passato recente e alla politica del compromesso storico. Anche prima facevamo le debite distinzioni: tuttavia ci concentravano soprattutto sul problema politico dei rapporti con la Democrazia cristiana, in vista di un’intesa politica che la coinvolgesse. Oggi invece la distinzione fra questione cattolica e questione democristiana è per noi molto netta. Del resto tale distinzione mi pare avvalorata anche da quello che sta succedendo all’interno dello stesso mondo cattolico. Si fa avanti, mi sembra, un tipo di presenza dei cattolici sulla scena politica molto più svincolato che in passato da ipotesi di “collateralismo”. Anche nei gruppi più integristi, come Comunione e liberazione, non esiste un rapporto organico con la DC. Tanto più nei movimenti per la pace, o contro la mafia o nella lotta alla droga.»

 

Come valutate quei movimenti o iniziative cattoliche che non hanno l’approvazione della gerarchia cattolica? In passato mi sembra che le apprezzavate, certo, sul piano umano, ma non le giudicavate valide sul piano politico.

«Oggi il mondo cattolico è molto più variegato e differenziato che in passato. Questo del resto vale per tutte le grandi organizzazioni: neppure all`interno del nostro partito può più funzionare un rigido controllo gerarchico. Questo avviene anche nel mondo cattolico. C’è una pluralità di forze; forse meno contestazione, ma una maggiore libertà di iniziative e pluralità di presenze sul piano sociale e politico. E vi sono forze cattoliche che sono vicine a noi e, più in generale, alla sinistra.»

 

Per questi rapporti di nuovo tipo avete anche elaborato o state elaborando nuovi strumenti di intervento?

«Questo è forse il problema più difficile. La distinzione fra questione cattolica e questione democristiana è una distinzione di principio, che guarda al futuro. Ma nei fatti sappiamo che la sovrapposizione fra cattolico e democristiano c’è ancora, esiste ancora, in prospettiva, la soluzione non sta nel definire dei nuovi strumenti che siano propri del mondo cattolico ma sta piuttosto in un processo di piena laicizzazione della vita politica, cosi che alla fine dovrebbe essere indifferente il fatto di essere cattolico o protestante o non religioso. Ma questo vale nella prospettiva.

Oggi il problema non è semplice. Non avrebbe senso riproporre un Secondo partito cattolico, o esperienze di fiancheggiamento a sinistra, come fu quella dell’Mpl. Ma neppure vedo tutte le condizioni per una concezione puramente laica della politica. Probabilmente, la soluzione non va cercata sul terreno politico in senso stretto, ma nella fascia delle organizzazioni sociali, dove una convergenza, già esiste come nel movimento per la pace, anche su altri temi comuni, come quelli che ho ricordato, della lotta contro la mafia e le iniziative per combattere la droga. In prospettiva dobbiamo puntare su una politica che sia interamente laica.»

 

Allora non è possibile parlare fin da ora di una fine della questione cattolica?

«Fra la domanda che abbiamo avanzato sul numero precedente a questo congresso. Mi sembra difficile affermarlo ora come ora. Mi auguro però che le forze cattoliche possano evolvere nel senso della laicizzazione, anche se ovviamente una cultura cattolica esiste, e rimane. No, in questo senso più culturale la questione cattolica non può dirsi superata.»

 

Accanto alla questione cattolica esiste in Italia anche una «questione vaticana». Si tratta di un’ulteriore complicazione della questione cattolica oppure di un fatto che potrebbe non esercitare più una grande influenza?

«Mi sembra che oggi la questione vaticana non rappresenti più un ostacolo. In passato, certo, vi e stato un lungo intreccio fra il Vaticano e gli interessi politici e economici delle classi dirigenti. Oggi lo è meno, anche per l’origine dell’attuale pontefice, che lo rende più distaccato dalle cose italiane. Oggi la chiesa cattolica tende ad agire su una scena più ampia, internazionale, con una propria autonomia. Così la questione vaticana pesa meno che in passato.»

 

Possiamo dire allora che un papa più “distratto” dalla scena italiana renda meno pesante anche la questione del Concordato?

«Sì, credo proprio che sia così.»



Numero progressivo: G6
Busta: 7
Estremi cronologici: 1983, 13 marzo
Descrizione fisica: Pagina quotidiano
Tipo: Interviste/Dibattiti
Serie: Scritti Politici - PCI -
Pubblicazione: “Com-Nuovi Tempi”, n. 10, 10 marzo 1983, pp. 2-3